Intervento del Segretario generale della Cisl regionale al Corriere del Mezzogiorno.
A quasi 10 anni dall’inizio dalla peggiore crisi economica globale che la storia ricordi sembra che la società italiana, e quella meridionale in particolare, abbia smarrito quel senso di dignità del lavoro che aveva caratterizzato positivamente l’Italia del dopo guerra. Le famiglie sono quel poco che ci resta dell’orgoglio nazionale, della nostra ‘italianità’. Ma anche quelle sono allo stremo. Lo stato di salute del Paese riportato dall’Istat fotografa il Sud come quel ‘non luogo’ in cui convivono tassi di disoccupazione altissimi, una percezione della propria condizione di inferiorità economica allarmante e l’esodo forzato delle nostre giovani generazioni senza lavoro verso regioni – e paesi – del nord. Certo i dati della Puglia sono migliori della media ed esprimono maggiori potenzialità di sviluppo ma un’Italia a geometrie variabili con evidenti asimmetrie economiche e sociali non potrà riprendere a crescere come negli anni precedenti la grande crisi, se non con una strategia, una visione comune, condivisa del Sud e dell’Italia stessa. E invece di rimboccarci le maniche, singolarmente e collettivamente, preferiamo una sorta di gestione di questa fase di stallo. Il quadro generale del Mezzogiorno lo troviamo nel ‘Barometro del Benessere’ elaborato dalla Cisl nazionale relativo al primo trimestre del 2017: la tendenza prevalente negli anni della crisi è stata rappresentata da una divaricazione ampia nelle performance territoriali, con il Mezzogiorno. Mentre la modesta ripresa in corso comporta anche che essa non ha, tuttora, interessato pienamente tutti i settori dell’economia e le aree del Paese. Cioè l’Italia cresce poco e il Sud paga il divario geografico che in questi anni si è innalzato rispetto ad un più dinamico Centro-Nord. Servirebbero politiche di respiro e dialogo istituzionale che non sempre accompagnano l’attività delle Regioni. In Puglia le divergenze in Giunta regionale e la continua sensazione di campagna elettorale quotidiana, di fatto hanno limitato negli ultimi mesi l’interlocuzione necessaria tra sindacati e Regione alla ricerca di soluzioni per riprendere a crescere. Da mesi non abbiamo più notizie del Masterlplan. E dire che inPuglia il non fare, cioè opere necessarie già progettate e mai iniziate o bloccate, ci costa il mancato impiego di circa 35 mila lavoratori edili. Dallo scorso anno i sindacati sollecitano la Regione al confronto produttivo sulla sanità, ma anche in questo caso siamo fermi ad attendere una convocazione. E che dire del Caporalato e i ghetti? Sempre in stand by. Alle famiglie pugliesi, alle persone, ai nostri ragazzi pronti a realizzare i loro progetti vanno date risposte, il più velocemente possibile. Ma, come annotava Francesco Strippoli sulle colonne del Corriere del Mezzogiorno dello scorso 4 luglio, stupisce che da un lato la Regione si doti di una legge sulla Partecipazione per dare voce “allo spontaneismo del dibattito pubblico” a dall’altro non si confronti con un “corpo collettivo organizzato” come è il sindacato. I conti non tornano.
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