“Dopo 14 anni di attesa da parte dei lavoratori della sanità privata, 3 anni di trattative e dopo essersi tirati indietro a un passo dalla firma definitiva, Maurizio Stirpe, vicepresidente di Confindustria, ci accusa di non mantenere i patti sul rinnovo del contratto della sanità privata”. Ad affermarlo sono i segretari generali di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, Serena Sorrentino, Maurizio Petriccioli e Michelangelo Librandi che, dopo l’intervista rilasciata da Stirpe a La Repubblica, tengono a rispondere al vicepresidente di Confindustria.
“Vorremmo ricordare a Stirpe che l’ultimo contratto rinnovato della sanità privata è quello del 2006. Il rinnovo del contratto della Sanità pubblica cui lui si riferisce è relativo al 2016/18 ed il precedente biennio economico era del 2008/09. Quindi intanto Stirpe dovrebbe sapere che nella sanità privata i lavoratori sono indietro di un biennio ed un triennio contrattuale. Poi ci dica dove è scritto che il contratto della sanità privata segue l’iter del CCNL pubblico, visto che afferma questo – affermano i segretari generali -. Ma mentre nel pubblico il blocco era legislativo, nel privato la scelta è stata dei datori di lavoro. Stirpe dovrebbe sapere che a fronte della richiesta di Cgil Cisl e Uil di recepire il testo unico su democrazia e rappresentanza, la sua federazione di riferimento Aiop ha posto la pregiudiziale della tutela di una organizzazione sindacale, peraltro non presente al tavolo, ma di loro riferimento, a proposito di regole”.
Proseguono i segretari: “Suona strano che un imprenditore affermi che rinnova un contratto solo se un terzo lo finanzia. Le imprese che si occupano di sanità privata in questi anni hanno fatto fior fior di profitti (basta andare a guardare i bilanci delle imprese dei vari presidenti di Aiop regionali. Molti gruppi sono quotati in borsa, molte regioni hanno rivalutato le tariffe, certo non quelle in piano di rientro dove però la sanità privata prende oltre il 40% dei servizi erogati ipotecando una bella fetta di torta derivante dal bilancio regionale per spesa sanitaria)”.
“Continuano a sfruttare lavoratori e hanno il coraggio di dire che il contratto siglato, e non sottoscritto in via definitiva da loro, non è innovativo perché non sposta quote di salario sul welfare contrattuale. In pratica per loro gli aumenti salariali andrebbero pagati dalle regioni e il contributo che loro vorrebbero metterci come datori di lavoro che fanno profitto con soldi pubblici è con benefit e prestazioni integrative erogate da soggetti che sono legati alle loro strutture. Così sono bravi tutti a fare gli imprenditori. Non c’è etica né giustizia in questo loro posizionamento, in più c’è il mancato riconoscimento del valore professionale dei lavoratori della sanità accreditata sia sul mancato rinnovo sia sulla mancata erogazione dei premi Covid ai dipendenti (nonostante le regioni abbiamo ipervalutato le tariffe Covid di ricoveri di pazienti, non solo di terapia intensiva ma anche dimissioni di pazienti Covid oramai fuori dalle cure intensive)”.
“Il ‘tem’ per la sanità privata è parametrato al tabellare del pubblico e il ‘tec’ le aziende non hanno voluto trasformarlo in contrattazione decentrata ma mantenerlo come premio legato alle giornate di presenza. Chi non rispetta i patti è la federazione di riferimento di Confindustria o forse *dovremmo* usare il plurale perché nel rinnovo è stato molto evidente che esistono diverse anime: proprio quella più in linea con le parole di Stirpe ha fatto saltare l’intesa per una questione di interessi territoriali e di gruppo. Vergogna! Quando ci si candida a gestire servizi pubblici si dovrebbe a cuore l’interesse generale pur facendo gli imprenditori, invece siamo alla garanzia che i diversi gruppi si accordino nelle singole regioni per avere garanzie sui loro interessi. Noi a questo ricatto ci siamo ribellati e per questo abbiamo proclamato lo sciopero di settore”, concludono Sorrentino, Petriccioli e Librandi.
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